

Il dato sulla paternità e manutenzione viadotti è allarmante ed è il risultato di un censimento avviato da Anas ad inizio 2017, sull’intero territorio italiano. Ad essere messe sotto analisi sono state 2.994 opere tra ponti e viadotti di scavalco della rete stradale ed autostradale sotto gestione dell’Ente.
Il censimento fu commissionato dall’ex Presidente Anas, Armani, con l’obiettivo di individuare i proprietari e gestori, quindi i diretti responsabili, dell’esercizio della manutenzione.
A seguito dell’indagine, 983 sono le strutture risultate di proprietà Anas e 586 a carico di altri Enti quali Comuni, Provincie, Regioni, Concessionari autostradali, Consorzi… ma a restare orfane sono ben 1.425 opere.
Di grande rilievo è anche il dato circa la vetustà delle opere, delle quali oltre il 50% possiede un’età di 40 anni e quasi uno su quattro supera i 50. Difatti il 24% dei viadotti costruiti prima del 1961 ha 58 anni e solo il 15%, datato post 2000, ha meno di 18 anni.
Tutti questi particolari sono stati riportati nella missiva, che ha come oggetto: “opere di scavalco della viabilità Anas”. Della presentazione di questa lettera da parte dell’ANAS, avvenuta il 19 dicembre 2018 sul tavolo del Ministero dei Trasporti, ne ha dato notizia il Corriere.it nella rubrica Dataroom, che ha analizzato la questione evidenziando anche alcuni casi emergenziali in atto, per i quali il rimando burocratico tra enti stia dilatando i tempi di intervento.
La risposta alla lettera da parte del MIT, è giunta l’8 gennaio 2019 per mano del direttore generale Antonio Parente, che scrive all’attuale amministratore delegato dell’ANAS, Massimo Simonini: “Si proceda intanto con la sorveglianza delle opere da identificare…tuttavia la gravità della situazione emersa sottende possibili profili di irregolarità”. A chiusura della comunicazione si manifesta la volontà di convocare a breve un incontro, che ad oggi non è stato ancora fissato.
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L’assenza di una paternità quindi della manutenzione viadotti, è spesso conseguenza dei passaggi di proprietà o di gestore che potrebbero essere Consorzi, società private o enti pubblici.
Nel caso dei privati le cause possono ricercarsi in contenziosi, fallimenti o decessi, per quanto concerne il pubblico i ricorsi al Tar circa le responsabilità nell’intreccio di competenze, sono all’ordine del giorno.
Il problema interessa l’intero territorio italiano. Il numero più alto si registra per la regione Campania, dove le opere orfane sono 307. A seguire ci sono, Sicilia (266), Calabria (150), Toscana (127), Lombardia (121), Veneto (112), Abruzzo (110), Emilia Romagna (85), Piemonte (57), Lazio (45) e Sardegna (43), Liguria e Friuli-Venezia Giulia (1).
Mentre le Regioni dove le opere, hanno tutte una proprietà sono: Valle D’Aosta, Marche, Umbria, Molise, Puglia e Basilicata.
Degrado e corrosione del cemento armato in corrispondenza delle cerniere, inadeguatezza delle lunghezze di appoggio e una progettazione eseguita prescindendo dall’azione sismica, sono solo alcuni dei motivi che sono correlate al rischio delle strutture non soggette a controlli e adeguamenti.
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Quello della manutenzione viadotti è stato un argomento affrontato tante, troppe volte dalla cronaca . Sono diversi i casi dove la mancata manutenzione viadotti ha portato al collasso delle opere. A partire dal grave evento del viadotto Polcevera datato 14 agosto 2018, che è costato la vita a 43 persone i viadotti coinvolti interessano più parti d’Italia e diversi gestori:
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In copertina foto del crollo della rampa di uscita da Annone Brianza della statale 36 (ANSA/Lecconotizie.com).
In questo testo, che non è stato volutamente impo- stato per essere un “manuale”, dopo una digressione introduttiva su come erano concepiti i collaudi delle strutture nel secolo scorso, gli autori hanno voluto fornire una informazione il più possibile completa dei controlli che devono...
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