Pali e liquefazione dei terreni: quali sono i meccanismi di collasso?

La liquefazione dei terreni è un fenomeno di riduzione della resistenza al taglio per incremento di pressione interstiziale che si verifica in terreni granulari saturi, inducendo:
- a) deformazioni permanenti significative;
- b) condizioni di tensioni efficaci pressoché nulle con conseguente perdita di resistenza al taglio.
Sul territorio italiano, per le sue caratteristiche di sismicità (non elevatissima) e geologica (non elevata diffusione di terreni granulari sciolti), non pare che la problematica sia particolarmente rischiosa né ricorrente.
Molteplici sono i potenziali meccanismi di collasso dei pali riconosciuti in corrispondenza di fenomeni di liquefazione sismica. Una rassegna dei principali meccanismi è illustrata nello schema rappresentato al seguito.

Studi di back-analysis (Ishihara, 1998) fatti su strutture viarie fondate su pali danneggiate durante il terremoto di Kobe, in Giappone (17 gennaio 1995, Mw = 6,9), hanno evidenziato una degradazione progressiva delle caratteristiche di rigidezza trasversale del sistema terreno-palo in corrispondenza sia del sisma sia di fenomeni di liquefazione sismica in terreni su superficie inclinate (laddove la liquefazione induce un flusso laterale di suolo). Essi definiscono il seguente parametro di degradazione, con chiaro significato dei termini (k = coefficiente laterale di Winkler):
β= \frac{K_ {suolo-in-deformazione-laterale-per-liquefazione}} {K_{suolo-non-in-liquefazione}}Gli studi hanno evidenziato che:
- 1) nella fase iniziale del sisma il coefficiente di degradazione della rigidezza trasversale β assume valori di circa 1/6 ÷ 2/3 in accordo con il codice giapponese di progettazione dei ponti;
- 2) nella fase di liquefazione in cui i pali sono soggetti al rifluimento laterale del terreno, il coefficiente β assume valori di circa 2×10-4 ÷ 2×10-2 rispetto ai valori determinati per condizioni di non liquefazione;
- 3) il valore del coefficiente si riduce progressivamente con l’incremento dello spostamento del palo nei confronti di quello del terreno circostante.
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Ulteriori studi (Orense et alii, 2000) effettuati a mezzo di una tavola sismica vibrante di grande scala su pali in scala reale (∅p = 20 cm, L = 5 m), soggetti ad un flusso di terreno (sabbie sciolte) indotto dalla liquefazione sismica (pendenza del terreno = 14%), hanno dimostrato che:
- 4) la riduzione delle costanti di rigidezza (k) trasversale è il risultato dell’incremento della pressione idrica e dell’incremento dello spostamento relativo tra palo e terreno;
- 5) il valore delle costanti di rigidezza trasversale durante il flusso indotto dalla liquefazione sismica oscilla tra 1/10 e 1/500 rispetto a quello del terreno non liquefatto.
In merito alla resistenza laterale del terreno in condizioni di liquefazione sismica, prove sperimentali dimostrano un decadimento variabile, per cui il valore residuo varia da 1/10 (Yasuda et alii, 1987) a 1/30 (Kiku et alii, 1995) rispetto al valore originario.
Pertanto si può ragionevolmente concludere che pali di fondazione su superfici inclinate di pendii potenzialmente soggetti a liquefazione sismica presentano rigidezze trasversali da trascurabili a nulle.
Laddove si debba verificare la tenuta orizzontale dei pali, particolare attenzione dovrà quindi porsi alla caratterizzazione geotecnica degli strati di terreno più superficiali, poiché in questa zona si concentrano i massimi momenti flettenti, sia nelle condizioni di palo incastrato in sommità (per esempio nella platea), sia in quelle di palo incernierato (se si prevedono incastri deboli potenzialmente formanti cerniere plastiche).
Com’è logico attendersi, le interazioni cinematiche devono essere determinate considerando sia la rigidezza flessionale del palo sia quella del terreno, quest’ultima dipendente dallo stato tensionale e deformativo.
Pali e liquefazione dei terreni: le prescrizioni normative
Le Norme impongono di evitare la formazione di cerniere plastiche nel palo; nel caso in cui non sia possibile assicurare il funzionamento dei pali in campo elastico, le sezioni del palo devono essere progettate con un adeguato confinamento e per un comportamento duttile.
A tal fine nelle Norme sono indicate le seguenti prescrizioni costruttive, valide per le zone sismiche:
- l’armatura perimetrale di confinamento dei pali di fondazione deve essere costituita da una spirale continua di diametro ∅ ≥ 8 mm in tutti i tratti in cui si prevede la plasticizzazione della sezione;
- la lunghezza dei tratti plasticizzati deve assumersi ≥ 3 ∅p (diametro palo);
- per uno sviluppo L ≥ 10 ∅p a partire dalla testa del palo l’armatura longitudinale deve avere area ≥ 1% Acls (area sezione calcestruzzo).
Nel caso delle fondazioni miste occorre modellare adeguatamente l’interazione tra terreno, pali e struttura di collegamento; qualora tale interazione sia non significativa le verifiche agli SLU e SLD devono riferirsi ai soli pali.
L’EC 8-5 correttamente aggiunge, ai casi in cui devono essere valutate le azioni cinematiche sui pali, le situazioni con terreni di tipo S1 e S2 (oggi non presenti nelle Norme 2018); in tutti i casi i pali dovrebbero restare in campo elastico, mentre l’eventuale formazione di cerniere plastiche deve essere adeguatamente progettata secondo il relativo EC.
Diversamente, qualora i pali fungano non da fondazione per carichi verticali bensì come opera di sostegno e/o consolidamento a contenimento di spinte prevalentemente orizzontali di terreni, le Norme non individuano procedure univoche, quindi si ritiene ragionevolmente che possano essere identificati due casi limite:
- palificata di sostegno di uno scavo in terreno pendio o terrapieno stabile: si applicano le regole delle paratie classiche di sostegno considerando il cuneo (attivo) instabile di monte e il cuneo (passivo) stabile di valle a cui sono applicate le relative forze inerziali (metodo pseudo-statico);
- palificata di consolidamento di un pendio instabile o potenzialmente instabile: si applicano le regole viste per i pendii naturali, così come descritto approfonditamente nei prossimi capitoli.
Vuoi saperne di più sul tema? L’articolo è tratto dal volume Progettazione delle opere Geotecniche secondo le NTC 2018 e Gli Eurocodici di Piergiuseppe Froldi, edito da Maggioli Editore.